Archivio mensile:dicembre 2017

Libere/i e Uguali per l’indipendenza

Lo dicevo ieri in Assemblea a Catania a proposito di lista, candidature e programmi. Accolgo l’appello pubblicato sul sito di Possibile per rendere concreto il metodo Schwarz per la selezione laburista delle candidate e dei candidati. Inviando i curricula e presentando la propria candidatura all’assemblea territoriale che avrà il fondamentale compito di selezionare i profili migliori sulla base dell’esperienza maturata, del radicamento territoriale, della credibilità politica, delle competenze e delle qualità personali. Mi aspetto dunque una selezione aperta e trasparente, che possa superare i supposti equilibri tra i partiti e che possa offrire a questo percorso le donne e gli uomini migliori, libere/i e uguali.

Tenendo ben a mente il nome della lista. Un nome che emoziona e che vale già un programma, un impegno, un ideale da perseguire. E sotto il nome di Piero Grasso, per l’appunto, aggiungerei anche “per l’indipendenza”, che non è una forma di adesione a qualche movimento indipendentista ma è l’orizzonte politico del nostro impegno: la lotta per l’indipendenza dalla misera condizione di precarietà vissuta da milioni di persone nel nostro paese. Una precarietà che nasce dall’assenza di lavoro e cresce con l’assenza di vita. Chi vive la precarietà del lavoro vive la precarietà della vita e, di conseguenza, vive la dipendenza al dolore e alla sofferenza. E questo concetto, calato nella realtà, ha il sapore amaro della quotidianità. Non è indipendente chi non riesce a mantenere i costi di una macchina, chi non può permettersi di perdere la testa per una lei (o un lui) perché uscire la sera costa troppo, non è indipendente chi non riesce a dare ai propri figli ciò che vorrebbe, non è indipendente chi smette di studiare perché non può mantenere gli studi. Non è indipendente chi non ha il coraggio di essere libero, come scrive Vito Mancuso in uno dei suoi libri. E se ci sono persone meno libere di altre significa che non esiste uguaglianza.

Allora bisognerebbe partire dalla bellezza del nome “Liberi/e Uguali” che vale già tanto. Che è un nome costituzionale, femminista (foglioline o meno), antifascista, laico, ambientalista (foglioline o meno), per la riconversione ecologica dell’economia e per i diritti di tutte e di tutti. Ma anche e soprattutto per l’indipendenza, che è la battaglia per cui vale impegnarsi in questo progetto politico, superando dubbi, reticenze e malumori.

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Nasce l’associazione culturale As-Salàm

E ne sono felice. È stato bello osservare la sala del dongione normanno piena di gente. Mussulmani, ebrei, cattolici ma anche laici, come lo Stato. Lo stesso che dovrebbe garantire a ogni persona una pari dignità sociale, oltre al superamento di tutte le forme di discriminazione senza distinzione di sesso, di razza, di lingua e di religione. Eravamo tutti lì ad applaudire con le stesse mani, a guardare con gli stessi occhi, a dialogare con lo stesso spirito. Nella reciproca condizione di fratello e sorella. E dopo aver vissuto questa bella serata di incontro e integrazione non posso che pensare che la realtà nella quale viviamo è fortemente influenzata dall’idea di realtà che hanno gli altri. E per essere “altri” basta essere un partito politico e avere dei mass media che danno voce alla propaganda dell’intolleranza.

La nostra realtà è quella della pacifica e armoniosa convivenza con i fratelli mussulmani che non si organizzano in associazioni per pianificare l’instaurazione di un regime islamico, ma lo fanno per chiedere allo Stato (che resta sempre laico) il riconoscimento di quei diritti civili che consentirebbe di vivere la propria esistenza senza ostacoli di alcun tipo, così come vorrebbe la nostra Costituzione, tra l’altro. E invece siamo ancora qui a dover spiegare che un clima di odio, di terrore e di paura serve solo ad alimentare incomprensioni e a spingerci in direzione opposta a quella parola, ormai passata di moda, che si scrive e si legge: pace. La realtà degli “altri”, con lo sdoganamento nella scena pubblica di parole volgari e violente, serve solo ad alimentare il consenso elettorale dei partiti dell’odio che camuffano, dietro lo slogan della sicurezza, tutta la propria bassezza culturale.

Allora mi auguro che associazioni culturali di questo tipo, come As-Salàm (che, per l’appunto, significa “la pace”), possano essere strumento per studiare, approfondire e conoscere un popolo che, di certo, è diverso da noi, religiosamente parlando; ma che è uguale a noi nella richiesta di diritti, nell’esercizio dei doveri e nell’amore per la propria storia. Una storia di lotta, sacrifici, ingiustizie, ribellioni e conquiste. Una storia che può essere quella di ognuno di noi. Una storia che non va censurata e demonizzata ma che merita di essere raccontata e ascoltata con grande rispetto.

No alle Trivelle nella Valle del Simeto

La verità è che le ingiustizie le percepiamo solo quando ci capitano. Abbiamo fatto una campagna referendaria contro le Trivelle, stipata già nel magazzino politico più grande d’Italia, quello del dimenticatoio; abbiamo contrastato progetti di inceneritori e di discariche d’ogni tipo. Ma nonostante tutto non siamo ancora riusciti ad affermare e realizzare uno sviluppo sostenibile nella nostra Valle del Simeto, basato sulla valorizzazione del nostro splendido territorio che, con l’Etna sullo sfondo, parla il linguaggio antico dell’agricoltura locale.

Adesso ci risiamo ma stavolta non è una minaccia, è già un attentato; nel territorio di Centuripe, infatti, è stata issata una trivella per la ricerca di idrocarburi, primo passo della concessione territoriale denominata “Biancavilla I” la cui estensione, in realtà, va da Regalbuto a Ragalna a Palagonia, compreso Adrano, Biancavilla, S.Maria di Licodia, Paternò, Belpasso, Motta Sant’Anastasia e Misterbianco.

Tutto questo avviene nel totale silenzio della politica, delle amministrazioni locali e con il consenso della Regione Siciliana. Mentre le indicazioni europee spingono verso una progressiva riduzione delle fonti fossili a vantaggio delle rinnovabili, noi continuiamo a favorire l’estrazione di idrocarburi, gas e metano, trivellando qua e là il nostro territorio.

Per questo occorre, ancora una volta, mobilitarsi, fare rete e costituire un comitato civico che possa rendere la vita difficile a chi pensa che la parola sviluppo debba coincidere con la parola devastazione. Del territorio e della vita.

Ci vediamo venerdì 15 dicembre alle ore 18:00 ad Adrano presso la sala F. De Andrè a Palazzo Bianchi (Piazza Umberto) per discutere, studiare, confrontarci e decidere quali azioni intraprendere a tutela della nostra Valle del Simeto. Per non permettere a nessun generale di vent’anni, per citare proprio De Andrè (Fiume Sand Creek), di prendere il nostro cuore sotto una coperta scura.

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Il metodo (di giudizio) dal basso

Sono stato all’assemblea del 3 dicembre a Roma per una nuova proposta. Leggo post e articoli che criticano e banalizzano quanto accaduto ieri mattina. Io c’ero e posso raccontarvi che non avevo mai preso parte a una assemblea con un così alto numero di partecipanti.

Da Catania, per esempio, eravamo in tantissimi ma nessuno ha mai pensato di prendere l’aereo alle 6 del mattino per fare un favore a D’Alema o, peggio ancora, per pianificare la vittoria di Salvini e Berlusconi. Siamo andati a Roma per il piacere di riscoprire qualcosa in cui credere. Che non sarà di certo il percorso perfetto, che si poteva fare meglio e di più, che poteva essere maggiormente partecipativo. Ma eravamo lì. In seimila. E abbiamo incoraggiato, tutti insieme, la lavoratrice della Melegatti quando ha parlato di lotta e lievito madre. Ci siamo emozionati, tutti insieme, quando il Dott. Bertoli ha utilizzato il termine “olocausto” per descrivere ciò che avviene nel nostro Mediterraneo. Abbiamo applaudito, tutti insieme, quando Grasso ha ricordato le sue amicizie spezzate dal sangue.

Ci siamo sentiti liberi di stare in quella sorta di discoteca anni 80, respirando la stessa aria di chi proverà a dare un volto nuovo alla politica e di chi invece ha scritto diverse stronzate nel curriculum vitae della propria carriera istituzionale. Ma soprattutto ci siamo sentiti uguali nello spirito, nei valori, nelle intenzioni, nella condivisione di idee. E, credetemi, non si può etichettare un percorso politico senza utilizzare un metodo (di giudizio) che parta dal basso, analizzando la naturalezza e la spontaneità di certe azioni che vengono molto prima dei tatticismi, delle strategie e dei retroscena.

Stavolta, prima di giudicare, vorrei che si partisse da queste emozioni. E scusate la banalità del pensiero.

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