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Un’altra strada è ancora possibile

Oggi è un giorno felice perché Emiliano ha deciso di scrivere nel mio blog. E sarebbe bello che tanti altri iniziassero a scrivere in questo spazio: per confrontarci, offrendo spunti di riflessione; per invadere la rete, a discapito di chi il web lo usa solo per condividere fake news; per sentirsi più vicini, come nel caso di Emiliano che scrive da Londra ma che sento qui, con la mano sinistra sulla mia spalla e una birra in quella destra. “Alla salute amico mio” e benvenuto su “Indegno di nota”. Un’altra strada è ancora possibile, da New York a Motta Sant’Anastasia.

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Alexandria Ocasio-Cortez è un nome che difficilmente può dirci qualcosa, specialmente in Italia. Eppure, dall’altra parte dell’oceano, è sulla bocca di molti. Forse persino il presidente Trump nelle ultime settimane le ha dedicato più di un pensiero (non troppo amichevole, probabilmente). Alexandia è un’educatrice e attivista ventottenne di origini portoricane del Bronx. La scorsa estate ha sconfitto il deputato veterano Joe Crowley alle primarie democratiche per il congresso del 14esimo distretto di New York.

Uno stage durante la seconda campagna di Obama e poi la partecipazione attiva in favore di Bernie Sanders nel 2016; la sua carriera politica è brevissima e fulminante. Oggi i bookmakers danno per scontato che, alle lezioni di Midterm di Novembre, sarà la donna più giovane ad essere mai entrata al Congresso, nella storia degli Stati Uniti d’America.

A giugno del 2018 il premier spagnolo Mariano Rajoy ha rassegnato le dimissioni a seguito di uno scandalo che ha colpito il suo partito. Il leader del partito socialista Pedro Sánchez, fino a quel momento alleato in maggioranza, ha formato un nuovo esecutivo insieme a Podemos, ai separatisti catalani e agli indipendentisti baschi. La manovra finanziaria da poco varata del governo spagnolo è un’acrobazia mozzafiato: aumento delle pensioni e dei salari, investimenti per ricerca e istruzione, aumento delle tasse per i ricchi, patrimoniale all’1% (per chi ha un patrimonio di più di 10 milioni), incentivi per l’ambiente. Una manovra espansiva, che pur aumentando il deficit dall’1,3% all’1,8% non ha spaventato i mercati (figuriamoci l’Europa), né scatenato le furie del Babau e dell’uomo nero.

I due eventi sembrano tra loro totalmente scollegati. In realtà sono tenuti uniti da un filo molto sottile e coriaceo. La vittoria di Alexandria Ocasio-Cortez e il nuovo governo spagnolo sono piccoli baluardi difensivi; segni di una resistenza sotterranea e agguerrita. Sono segnali di fumo per un intero universo di idealisti e sognatori, disorientati e travolti dalla furia devastante degli ultimi decenni. Sono le fondamenta sui cui iniziare a ricostruire, mattone dopo mattone, un futuro e una proposta politica diversi, lontani tanto dai voli pindarici e – spesso – crudeli del populismo, quanto dal racconto falso e ipocrita dell’iperliberismo globalista.

Messi insieme ci raccontano che forse è ancora possibile creare un’idea di politica che si collochi in mezzo tra il dare tanto ai ricchi perché così un po’ poi va anche ai poveri e il togliere a tutti perché è meglio a nessuno che a pochi.

Nel 2016, il senatore del Vermont Bernie Sanders ha rischiato di vincere le primarie democratiche per la presidenza degli Stati Uniti con un programma tutto incentrato sugli ultimi e sui dimenticati: sistema sanitario gratuito e universale, sussidi ai poveri, incentivi allo studio e alla ricerca, controllo sulla finanza, salario minimo. Ha mobilitato masse di giovani in tutta la nazione, cha hanno marciato, lavorato, sudato, digiunato, viaggiato pur di seguire lui e il suo progetto. Per sconfiggerlo Hilary Clinton ha dovuto ricorrere a tutte le sue armi, ha dovuto dispiegare la forza brutale e repressiva del partito. Per questo la sua è stata una vittoria pagata a carissimo prezzo: la presidenza stessa degli Stati Uniti.

Una cosa simile è accaduta nel Regno Unito nel 2017, dove la Premier Theresa May ha convocato le elezioni anticipate, forte di un vantaggio di 21 punti percentuali nei confronti del Partito Laburista. Un vantaggio che però il leader del labour Jeremy Corbyn ha saputo ridurre di più della metà in pochi mesi. E lo ha fatto con un manifesto semplice e chiaro: meno soldi alle aziende private e più soldi per il sistema scolastico e sanitario, meno privatizzazioni e più sussidi statali per i poveri e i lavoratori, meno fondi di investimento e più sindacati. L’elezione si è trasformata per la May (che aveva avviato la campagna con il più sbruffone dei sorrisi) in un incubo: i Tories hanno perso 13 seggi in parlamento – e la maggioranza assoluta –, mentre i laburisti ne hanno guadagnati 30.

Alexandria Ocasio-Cortez è convinta che la sua vittoria alle primarie sia frutto di una grande voglia di riscatto e rappresenti la rivincita di un’intera comunità. Il suo spot elettorale è un pugno in pieno petto, una sveglia e un richiamo. Uno spot totalmente credibile solo perché credibile è la persona che lo ha ideato. Alexandria ha fatto campagna elettorale a bassissimo budget, con il supporto di una rete di volontari e senza l’appoggio della macchina del partito. Una campagna alla vecchia maniera, porta a porta. Nei mesi prima del voto ha girato centoventimila abitazioni (centoventimila!). Ha parlato ai suoi elettori (e non), ha bevuto il caffè nei loro salotti, giocato con i loro figli, ed ha ascoltato i loro problemi guardandoli negli occhi. C’è una sola cosa contro cui Alexandria si batte: un mondo che opponga i grandi capitali alle persone. E ai suoi elettori ha donato un solo bene, ma tanto prezioso quanto raro: the hope, la speranza.

La sua storia mi ha portato in mente le imprese di un altro gruppo di idealisti e volontari, sognatori e visionari. Non era la grande America del sogno infinito, ma un piccolo paesino della Sicilia orientale. Dove un gruppo di folli bussava alla porta della gente per portare un po’ di buonumore, sfidava con pochissime risorse forze infinitamente più grandi di loro, perdeva con il sorriso dei puri e degli illusi; un gruppo che ancora oggi spera che le ferite di ieri si possano trasformare negli stimoli di domani. Quel gruppo di matti ha perso l’elezione, ha perso la battaglia e forse, a poco a poco, ha perso anche la guerra. Eppure, è riuscito a instillare in qualcuno l’idea (forse in pochi e forse solo per un attimo) che, anche nell’isola dell’immobilità, ci sia ancora spazio per la speranza e il cambiamento. E di questo ne vanno fieri.

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