Archivio mensile:gennaio 2019

La politica chiusa nelle stanze dei caffè

Il suono della politica locale ha il rumore delle tazzine di caffè sbattute sul bancone di un bar, delle monete contate sul palmo della mano per offrire qualcosa ai presenti. Il suono della politica locale ha la voce di chi millanta candidati senza aver mai condiviso nulla con essi. Il suono della politica locale ha la voce di chi fa i conti dei voti senza parlare di progetto e di programma. Il suono della politica locale tiene il tempo dell’evoluzionismo, dalla politica chiusa nelle stanze di partito a quella chiusa nelle stanze dei caffè.

E proprio adesso mi trovo qui, in un bar, ad ascoltare strategie e presunti passaggi di schieramento come nella fase più concitata di un calciomercato estivo. Quella famiglia sta con tizio, quella con caio, lui ha ricevuto una cortesia, quello lo farà per vendetta. E la cosa mi incuriosisce a tal punto da voler ascoltare cosa ne sarà di me, visto che per alcuni i giochi sono fatti e le elezioni sono già decise prima ancora di votare.

Poi, solo dopo, c’è il paese reale. Quello che vive di favori e di ricatti. Quello che emargina chi prova ad alzare la testa e premia i soliti tirapiedi. Quello che rischia di inabissarsi per sempre nell’oblio del degrado sociale, politico, ambientale. Quello senza una chiara idea di sviluppo. C’è un paese con i conti in rosso e le casse dilapidate. C’è un paese che non pianifica ma vive alla giornata, c’è un paese che non cresce ma arranca. C’è un paese che avrebbe bisogno di tutto tranne che delle discussioni sentite in questi mesi. Ma tutto questo importa a pochi. Chi amministra sta al bar e paga caffè, tanto il conto delle scelte politiche scellerate non lo pagheranno. A pagarlo, prima o dopo, saranno tutti i cittadini.

Noi immaginiamo qualcosa di diverso e lo faremo con tutte/i nei tavoli di lavoro per il programma. Incontri pubblici, alla luce del sole, senza restrizioni, per far riscoprire il gusto di pronunciare la parola politica senza dover pensare a un caffè offerto in un bar di paese. Per dimostrare che l’amministrazione pubblica non può essere di esclusiva competenza dei politicanti da strapazzo.

 

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Immagina, un ritorno alla normalità

Ho riscontrato grande entusiasmo e una particolare attenzione al progetto “Immagina”. Tutto questo mi fa pensare che il processo di sensibilizzazione iniziato diversi anni fa adesso è maturo e aveva bisogno dei giusti tempi per essere compreso. Un processo ancora lungo che potrà essere vincente solo acquisendo la consapevolezza collettiva che la politica è quello strumento che, usato nel modo giusto, non ci renderà mai clienti, sudditi, spettatori ma cittadini sovrani. Donne e uomini normali per un progetto politico che punta a un ritorno alla normalità.

Per realizzare alcune cose che, a mio parere, darebbero una svolta al nostro paese, non occorre ricercare partiti e deputati. Occorre essere se stessi, nella dimensione più profonda di liberi cittadini. Liberi dai tatticismi, dalle imposizioni e dalle opportunità politiche. Liberi di poter dire “no grazie” a chi in questi anni è stato in amministrazione, rappresentando un modello di governo e una concezione del potere diametralmente opposta a chi invece ha fatto opposizione, subendo ingiustizie ed esponendosi in prima persona per dare un senso alla lotta politica.

Per questo a chi mi chiede di candidature e assessorati rispondo: “vedremo”; perché senza alcuna pretesa o ambizione personale, prima ancora di parlare di lista e di giunta, vorremmo concentrarci sulla solidità della proposta, attraverso una visione della politica lungimirante e disinteressata che con un programma semplice e realizzabile, frutto di un lavoro collettivo nei tavoli tematici, possa pensare ai cittadini (specialmente a quelli che devono ancora nascere), riconquistando quel senso di comunità che mi sta tanto a cuore e che potrebbe essere un richiamo per tutti coloro i quali sono stati costretti ad andare via dal nostro paese. Non ragionando in termini di appartenenza ma di competenza. Liberandoci dalla schiavitù economica delle royalties attraverso una seria progettazione europea, facendo rispettare le regole a tutti, investendo in cultura e legalità, valorizzando il potenziale turistico del nostro territorio.

Dimostrando che nella vita si può anche vincere senza rinnegare le proprie idee. Abbracciando chi non ti ha votato e spiegando a chi l’ha fatto che dopo le elezioni il carro della vittoria si fermerà e, per raggiungere certi obiettivi, toccherà a tutti spingerlo, senza distinzione alcuna, vinti e vincitori, contenti e arrabbiati. Questo è ciò che mi renderebbe felice, questo è ciò che renderebbe tutti noi dei cittadini e degli esseri umani più compiuti.

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Un bel 2019 di comunità

Ieri il Presidente Mattarella parlava di noi, del nostro paese e di tutti i paesi d’Italia che stanno attraversando una terribile crisi valoriale, una desertificazione dei buoni sentimenti e, di conseguenza, dei buoni propositi.

Per tale ragione mi sento di augurarvi (e augurarmi) buon anno rileggendo le sue parole, come un mantra:

Sentirsi “comunità” significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese. Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore.

Ho conosciuto in questi anni tante persone impegnate in attività di grande valore sociale; e molti luoghi straordinari dove il rapporto con gli altri non è avvertito come un limite, ma come quello che dà senso alla vita.

Facciamo tesoro di questo messaggio. Specialmente in quei momenti in cui tutto sembrerà non avere senso, ripensiamo cosa significa essere comunità. Poi ritorniamo a esserlo. È questa la speranza più grande dell’anno che verrà.

Che sia un bel 2019!

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