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Come sarà il nostro paese tra cinque anni?

Ogni campagna elettorale ci proietta ai cinque anni successivi: il 2019 ci ha portato a immaginare il 2024, il 2024 ci porterà a immaginare il 2029. Sembra una cosa scontata ma non lo è.

Tra cinque anni i nostri figli e i nostri nipoti saranno più grandi, ci saranno piccoli che, oggi all’asilo, staranno per finire le elementari. Ci saranno bambini che diventeranno maggiorenni, ragazzi che saranno laureati e lavoratori che non vivranno più qui. Tra cinque anni vorremmo un paese ancora amministrato senza un minimo di visione? Vorremmo un paese abitato da sudditi o da cittadini consapevoli? Vorremmo una politica che divide o una politica capace di stare al servizio di tutti? Vorremmo ancora vivere nel paese dei duemilaventinove rimpianti o in un paese che offra un benessere minimo?

Ecco, mi farei queste domande prima di promettere il voto e penserei a un paese che guarda al futuro, al 2029, e non a un paese che si sofferma sulla promessa o sul favore del momento. I tavoli tematici di Immagina serviranno anche a questo.

Save the date: 16 e 23 Marzo

Foto di Mariella Ferrara

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Il falò delle delusioni

Non so se anche voi provate fastidio per ciò che invece dovrebbe suscitare interesse e partecipazione: la campagna elettorale. Provo a seguire le dinamiche e le controversie del momento, livello gossip e foto ricordo, e penso che in questa (non) campagna elettorale, forse iniziata troppo presto, sia assente la politica dei contenuti, dell’entusiasmo, della condivisione, della programmazione. Forse siamo tutti un po’ scoraggiati, lo so (e ne avremmo tutte le ragioni).

Proviamo però, in uno sforzo comune, a raccogliere le nostre delusioni, per farne un bel falò e poi tramutarle in qualcosa di costruttivo, che ne dite?

Incontriamoci, scriviamoci, fissiamo momenti di confronto. Poi concediamo il tempo necessario alle proposte serie di venir fuori. E soprattutto al modo per realizzarle. Questa per me è politica. E lo è anche per Immagina.

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La cicala e la formica

In una famosa favola di Esopo c’erano delle formiche che lavoravano e preparavano le provviste per l’inverno, mentre una cicala, incurante del futuro, cantava al sole. Quando il gelo bruciò le foglie e l’inverno arrivò, la cicala, infreddolita e senza cibo, bussò alle formiche per chiedere aiuto. Ricevette però questa risposta: “hai cantato in estate? Adesso balla”.

Certo, dopo una sconfitta del genere sarebbe facile dire “adesso ballate”, senza una visione politica, senza un’idea di paese, con le casse comunali vuote, senza offrire nessuna prospettiva ai nostri giovani e ai nostri bambini. Sarebbe facile. Poi però penso alle 2409 formichine che, in questi anni, mentre qualcuno cantava, preparavano le provviste per il freddo. Perché arriverà l’inverno. Ma sono certo che quel giorno, a differenza della favola, la cicala troverà delle formiche pronte a perdonare, donando ospitalità e immaginazione. È questa la politica che mi piacerebbe si facesse in paese, sulle gambe dei più giovani, anche e soprattutto dopo di me.

Ringrazio tutti gli immaginari, grandi e piccoli, incavolati e commossi. Non mollate mai perché le storie belle non vanno sempre a finire così. Grazie di tutto!

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Per chi c’era e per chi ci sarà

Abbiamo presentato il programma e la squadra di Immagina. Una serata ricca di emozioni. Una di quelle serate rigenerarti, alla riscoperta della tua comunità (che significa riscoprire un po’ anche te stesso). Quando pensi che la politica non abbia più speranze, è proprio in quel momento che riesce ancora a sorprenderti; con i sorrisi e le parole di incoraggiamento, con la voglia di crederci, con la grinta di chi non vuole abbandonare il proprio paese. Non so dove porterà questa strada ma di una cosa sono certo: ne è valsa la pena provarci. Per la speranza che riusciamo ancora a suscitare e per i sentimenti di cui siamo portatori. Per i nostri figli e per i nostri nipoti. Per la bellezza degli occhi di chi ci sostiene. Gli occhi splendidi di chi non ha mai smesso, per un solo istante, di immaginare giorni migliori.

Il nostro programma: https://www.facebook.com/527300624346662/posts/585050188571705?sfs=cwwa

Il video della serata: https://www.facebook.com/ImmaginaDaniloFestaSindaco/videos/338609836766625/

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L’ultimo mese

In attesa di presentare il programma e la squadra dei candidati (lo faremo con una pubblica assemblea), non ci resta che assistere agli ultimi scorci di un’amministrazione triste, che prova a darsi da fare per poter lasciare un ultimo e disperato ricordo positivo.

“Immagina” è la sintesi del lavoro d’opposizione svolto in consiglio comunale. Candidati/e che hanno aderito al progetto senza ricatti, senza obblighi, senza promesse. Uomini e donne liberi/e che immaginano un paese diverso e che, nel corso di questi anni, hanno provato a raccontarlo.

Immaginiamo un paese amministrato da un sindaco amico, figlio e fratello di tutte la gente perbene, dai dipendenti comunali alle persone che lottano per avere più diritti e meno favori. Immaginiamo una leadership collettiva, con strumenti di partecipazione diretta (come i forum cittadini) facendo dimenticare i cinque anni di decisioni prese da una ristretta cerchia di amici. Immaginiamo un paese che sappia vivere nelle regole e con le regole, a differenza di chi sfrutta il caos per poter esercitare con più forza la propria autorità. Immaginiamo un paese che sappia premiare i più meritevoli e non i più leali. Un paese che provi a far ricredere gli avversari senza punire chi non è allineato al pensiero del capo. Immaginiamo un paese che sappia liberarsi dalla dipendenza economica delle royalties, che consideri la discarica un male assoluto e non un ufficio di collocamento. Immaginiamo un paese che sappia riavvicinarsi alla natura e quindi ai Sieli. Ma soprattutto immaginiamo un paese che sappia fare pace con se stesso, dopo essere stato diviso in buoni e cattivi, in oppositori e silenziosi accondiscendenti, in favoriti e condannati.

Per troppo tempo abbiamo sofferto la realtà, rifugiandoci nella nostra immaginazione. “Quello che potevamo essere” è stato il titolo di ogni nostro pensiero. Votare “Immagina” è l’ultima possibilità che abbiamo per tramutare la lamentela e la protesta in azione politica.

Siate liberi/e anche se hanno fatto di tutto per impedirvelo. Lo hanno fatto le stesse persone che ora vi promettono di continuare a lavorare per il paese, con gli stessi metodi, con la stessa presunzione, con la stessa arroganza. Immaginiamo un paese libero, un paese liberato. Ancora per l’ultimo mese.

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La vera minoranza è giovane

La vera minoranza del nostro paese non sono i gruppi politici più deboli o i candidati meno forti. La minoranza sono i giovani. Quelli che vanno via per cercare futuro, che si lamentano e non vengono ascoltati, che propongono e non vengono considerati. Sabato abbiamo organizzato un tavolo di lavoro proprio con i vostri figli e i vostri nipoti. Mi sono sentito vicinissimo a loro e ho promesso che in testa alle priorità della nostra amministrazione ci sarà l’investimento sulle politiche giovanili, sostenendo e valorizzando i talenti della nostra terra. Perché so cosa significa essere considerato un eterno ragazzino, a trentadue anni, mentre nelle altre parti del mondo, alla stessa età, si è già professionalmente maturi. So cosa significa sentirsi dire che il mio turno è sempre quello successivo perché prima tocca sempre ad altri più grandi. Nel frattempo, mentre le stesse persone continuano a fare esattamente le stesse cose, i ragazzi scappano da una terra che li condanna a essere parcheggiati in eterno. Per tale motivo occorre necessariamente investire su di loro se si vuole risollevare il paese da un invecchiamento annunciato (neanche troppo in silenzio).

Da sabato abbiamo iniziato a redigere un manifesto di proposte e idee rappresentative della generazione dimenticata. Il manifesto dei giovani elettori, dalla consulta giovanile alla casa della creatività. Che poi i ragazzi sono quelli più istruiti, più colti, più interessati alle dinamiche del mondo. E che il mondo vogliono viverlo, senza subirlo. Respirandolo fino in fondo. E io sono qui, orgoglioso di poter dare una piccola, piccolissima speranza a chi decide di rimanere, immaginando il futuro nella propria terra.

 

 

 

 

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La cura siamo noi

La verità è che potevo fare altro, desiderare altro, impegnarmi in tante altre cose più gratificanti ed entusiasmanti. Ma sono stufo di vivere in un paese, in una società dove vince la prepotenza, l’arroganza e la violenza. Siamo chiamati ad agire, tutti quanti. E ci sono e ci saranno momenti di scoramento perché le persone perbene sono pervase da insicurezza e paura di non farcela. E se vedete i vostri avversari pavoneggiarsi, tronfi di una perfezione apparente, non provate a imitarli. Noi siamo belli per ciò che siamo, perché siamo pieni di difetti, perché ci emozioniamo quando ascoltiamo una poesia e abbiamo gli occhi lucidi quando assistiamo a scene di normale umanità. Siamo belli quando diciamo “adesso basta, mi fermo qui” e poi il giorno dopo ci riscopriamo più combattivi di prima.

Siamo chiamati a stare dentro questa sfida per lasciare ai nostri figli l’insegnamento che un abbraccio può muovere il mondo più di quanto possa fare un subdolo ricatto. Per questo, ancora una volta, mi metto e ci rimettiamo in gioco; per non lasciare questa terra a chi utilizza il potere come arma, come strumento di tortura, come giogo per l’esercizio del proprio machismo vigliacco.

La politica non è una malattia. La politica è malata. Ma la cura siamo noi. Non molliamo, vale per tutti/e.

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La politica chiusa nelle stanze dei caffè

Il suono della politica locale ha il rumore delle tazzine di caffè sbattute sul bancone di un bar, delle monete contate sul palmo della mano per offrire qualcosa ai presenti. Il suono della politica locale ha la voce di chi millanta candidati senza aver mai condiviso nulla con essi. Il suono della politica locale ha la voce di chi fa i conti dei voti senza parlare di progetto e di programma. Il suono della politica locale tiene il tempo dell’evoluzionismo, dalla politica chiusa nelle stanze di partito a quella chiusa nelle stanze dei caffè.

E proprio adesso mi trovo qui, in un bar, ad ascoltare strategie e presunti passaggi di schieramento come nella fase più concitata di un calciomercato estivo. Quella famiglia sta con tizio, quella con caio, lui ha ricevuto una cortesia, quello lo farà per vendetta. E la cosa mi incuriosisce a tal punto da voler ascoltare cosa ne sarà di me, visto che per alcuni i giochi sono fatti e le elezioni sono già decise prima ancora di votare.

Poi, solo dopo, c’è il paese reale. Quello che vive di favori e di ricatti. Quello che emargina chi prova ad alzare la testa e premia i soliti tirapiedi. Quello che rischia di inabissarsi per sempre nell’oblio del degrado sociale, politico, ambientale. Quello senza una chiara idea di sviluppo. C’è un paese con i conti in rosso e le casse dilapidate. C’è un paese che non pianifica ma vive alla giornata, c’è un paese che non cresce ma arranca. C’è un paese che avrebbe bisogno di tutto tranne che delle discussioni sentite in questi mesi. Ma tutto questo importa a pochi. Chi amministra sta al bar e paga caffè, tanto il conto delle scelte politiche scellerate non lo pagheranno. A pagarlo, prima o dopo, saranno tutti i cittadini.

Noi immaginiamo qualcosa di diverso e lo faremo con tutte/i nei tavoli di lavoro per il programma. Incontri pubblici, alla luce del sole, senza restrizioni, per far riscoprire il gusto di pronunciare la parola politica senza dover pensare a un caffè offerto in un bar di paese. Per dimostrare che l’amministrazione pubblica non può essere di esclusiva competenza dei politicanti da strapazzo.

 

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Immagina, un ritorno alla normalità

Ho riscontrato grande entusiasmo e una particolare attenzione al progetto “Immagina”. Tutto questo mi fa pensare che il processo di sensibilizzazione iniziato diversi anni fa adesso è maturo e aveva bisogno dei giusti tempi per essere compreso. Un processo ancora lungo che potrà essere vincente solo acquisendo la consapevolezza collettiva che la politica è quello strumento che, usato nel modo giusto, non ci renderà mai clienti, sudditi, spettatori ma cittadini sovrani. Donne e uomini normali per un progetto politico che punta a un ritorno alla normalità.

Per realizzare alcune cose che, a mio parere, darebbero una svolta al nostro paese, non occorre ricercare partiti e deputati. Occorre essere se stessi, nella dimensione più profonda di liberi cittadini. Liberi dai tatticismi, dalle imposizioni e dalle opportunità politiche. Liberi di poter dire “no grazie” a chi in questi anni è stato in amministrazione, rappresentando un modello di governo e una concezione del potere diametralmente opposta a chi invece ha fatto opposizione, subendo ingiustizie ed esponendosi in prima persona per dare un senso alla lotta politica.

Per questo a chi mi chiede di candidature e assessorati rispondo: “vedremo”; perché senza alcuna pretesa o ambizione personale, prima ancora di parlare di lista e di giunta, vorremmo concentrarci sulla solidità della proposta, attraverso una visione della politica lungimirante e disinteressata che con un programma semplice e realizzabile, frutto di un lavoro collettivo nei tavoli tematici, possa pensare ai cittadini (specialmente a quelli che devono ancora nascere), riconquistando quel senso di comunità che mi sta tanto a cuore e che potrebbe essere un richiamo per tutti coloro i quali sono stati costretti ad andare via dal nostro paese. Non ragionando in termini di appartenenza ma di competenza. Liberandoci dalla schiavitù economica delle royalties attraverso una seria progettazione europea, facendo rispettare le regole a tutti, investendo in cultura e legalità, valorizzando il potenziale turistico del nostro territorio.

Dimostrando che nella vita si può anche vincere senza rinnegare le proprie idee. Abbracciando chi non ti ha votato e spiegando a chi l’ha fatto che dopo le elezioni il carro della vittoria si fermerà e, per raggiungere certi obiettivi, toccherà a tutti spingerlo, senza distinzione alcuna, vinti e vincitori, contenti e arrabbiati. Questo è ciò che mi renderebbe felice, questo è ciò che renderebbe tutti noi dei cittadini e degli esseri umani più compiuti.

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Immaginiamo un paese migliore.

Gli ultimi anni sono stati difficili per tutti noi, per i nostri gruppi, per il paese, per la comunità. Un purgatorio lungo e faticoso. Ammettiamo di aver pensato più volte di mollare. Immaginare cosa questo paese poteva essere e non è stato ci ha turbato le notti e i giorni. Immaginare che qualcosa poteva essere diverso, ma non lo è stato. Per colpa degli altri e forse anche per colpa nostra.

In questi anni Motta S. Anastasia ha perso molto più di quello che ha guadagnato. Si è svuotata dei suoi giovani, dei nostri figli, che sono andati via probabilmente per non tornare più. Facce nuove sono entrate a sostituirli trasformando il nostro paese in un dormitorio di Catania. Le casse comunali sono vicine al collasso, i nostri Sieli sono stati devastati, il centro storico è stato dimenticato, i progetti politici migliori abbandonati, l’amministrazione chiusa nella stanza della propria autoesaltazione. La discarica appesta l’aria che respiriamo, indisturbata. Uno scenario orribile e catastrofico che lascia poche vie d’uscita. Che ci spaventa e ci atterrisce.

Eppure, non siamo riusciti a smettere di immaginare cosa poteva essere e non è stato. Cosa si poteva fare e non è stato fatto. Finché, inevitabilmente, abbiamo immaginato cosa ancora potrebbe essere, quel poco che ancora si potrebbe fare. E questo pensiero ha aperto uno spiraglio grande quanto basta per farci lanciare in un’ultima scommessa. Un ultimo e decisivo giro di ruota.

Non prometteremo cambiamenti né rivoluzioni; non prometteremo miracoli né opere pubbliche mirabolanti. Ma offriremo quello che abbiamo da offrire: un po’ di pazienza, la voglia di ascoltare, un pizzico di buona amministrazione, una dose massiccia di competenza, molta libertà, tanta follia e tutta l’onestà del mondo. Per ritornare a essere comunità.

Partiremo con l’offrirvi la nostra sincerità. Di fronte a tutti noi si apre un bivio importante e fondamentale: scegliere la vecchia strada o una diversa. Possiamo lasciare la guida a chi ci ha portato dove siamo oppure sceglierne una diversa e accettare il rischio. Con la consapevolezza che chi si prende il vecchio vive in un eterno pareggio e solo chi scommette nel nuovo può vincere il mondo.

Il nostro è un treno che passerà un’ultima volta a Maggio del 2019. Poi basta. Potete scegliere di lasciarlo passare per rimanere fermi dove siete. Scegliere di aspettare quello successivo che potrebbe non arrivare mai. Oppure potete salire e scoprire dove porta.

La destinazione di quel viaggio la immagineremo insieme.

Tutto questo con una sola enorme certezza: sarà un viaggio bellissimo di cui non vi dimenticherete.

Ci vediamo il 16 dicembre alle ore 18:00 presso la Sala Anastasia dell’Hotel Valle degli Ulivi, per discutere insieme della nostra partenza.

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